#1: Gioia

Per i primi 12 anni della sua vita, Gioia ha ignorato che al mondo ci fossero altro che cemento e sbarre.
Quello era il suo universo: la gabbia di un canile pugliese dove era entrata a due mesi con la mamma e i fratellini e da dove è stata l’unica a uscire viva.

Nessuno avrebbe puntato su di lei per l’adozione. Incrocio di razze indefinite, timida, coi denti all’infuori, di taglia media… la normalità resta una lettera scarlatta per tanti cani di canile – anzi, meglio: il mantello dell’invisibilità che inghiotte anni e vite e li digerisce solo quando sono finiti, insieme alla speranza.

Ma è un mantello che si può gettare via.
L’hanno fatto le volontarie, che hanno lanciato un ultimo appello, e l’ha fatto Mauro, che l’ha scelta alla faccia della bellezza (ma chi la decide), dell’età (gli anni passati non si possono cambiare, quelli futuri – siano quanti siano – sì, certo che sì), della razza (one of a kind) e di un destino che sembrava predestinato.

“La prima volta che Gioia ha visto l’erba è stato qui, quando è scesa dall’auto delle volontarie” racconta. Tra la sua vecchia gabbia e la sua nuova casa c’è stato viaggio di 1000 km per (ri)cominciare a vivere.

Ora Gioia ha quasi 15 anni, il prato che preferisce è quello stampato sul suo morbido cuscino (piazzato in posizione strategica di fronte al termosifone). “Non ha grandi slanci di affetto verso gli umani” mi ha raccontato Mauro mentre fotografavo. Ma negli occhi di Gioia, sempre fissi su di lui, ho letto tutto l’amore del mondo.

Il sorriso di Gioia

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