Cresci in mezzo a decine di altri cani, a volte ne arrivano di nuovi, altri scompaiono. L’uomo lo vedi poco e va bene così; il cibo lo vedi poco e quello va meno bene, perché hai fame sempre e perché, per procurartelo, devi lottare, e tu odi lottare. Ci lasci ogni volta un pezzo d’anima e, una volta, ci hai lasciato un pezzo d’orecchio.

Non sai chi sia Harry Potter, ma, se potessi, vorresti qualcosa che lui ha: un mantello dell’invisibilità, sotto il quale scomparire. Meno ti notano, più sei sicuro. L’hai imparato e non lo dimenticherai.

Poi, un giorno, qualcuno nota: te e gli altri del branco. Arrivano persone mai viste, non sembrano ostili, ma… chissà. Tieni la testa bassa. Però ti caricano lo stesso, insieme agli altri, sul furgone; intanto senti più volte una parola misteriosa, “sequestro”. Ne sentirai un’altra, lì dove arriverai, sempre più spesso: Zico. Sarà il tuo nome. Ma ancora non lo sai, mentre il furgone si muove, e non sai che la tua seconda vita sta per cominciare e che la terza, la migliore, deve ancora arrivare.

Zico

Quando arriva al Canile consortile di Biella, insieme a una trentina di altri cani sotto sequestro, Zico è adulto, ha un’orecchia e tre quarti, è un po’ bianco e un po’ nero, ha occhi dolci dove si mischiano bontà e un po’ di saudade.

Se ci fosse una gara degli Invisibili, quella di chi dal canile non esce più, Zico sembrerebbe un papabile vincitore.

È timido, riservato e spaventato. Va d’accordo con gli altri cani per quieto vivere; non lo cerca e spera che non cerchino lui. Il box, che per molti è una gabbia da cui sognare disperatamente l’evasione, è il suo luogo sicuro: c’è cibo e non ci sono botte, ci sono altre cagnoline che si fanno i fatti loro, ci sono gli umani chiamati volontari che arrivano, fanno cose e se ne vanno. I visitatori del canile se ne vanno, più in fretta, davanti a quella gabbia dove c’è quel cane che sta invecchiando, non è di razza, non è di taglia piccola e, più di tutto, non sembra avere interesse a uscire, lui per primo.

Zico sul suo cuscino

Ma rimane la terza vita da vivere e quella vita ha un nome, Ilaria: perché a volte c’è qualcosa di più rassicurante di un mantello dell’invisibilità ed è qualcuno che ce lo tolga di dosso, con delicatezza e pazienza, dopo essere stato capace di vedere la meraviglia che c’era sotto.


Ho incontrato Zico due volte: la prima pioveva, la luce era inesistente e, soprattutto, aveva preso una storta che non lo faceva stare in piedi. Meritavano di meglio, lui e la sua storia. La seconda volta c’era il sole, eravamo ancora (per poco) in zona gialla e la storta era passata.

In entrambi i casi, Zico è stato delicato e paziente, veramente un orso gentile come lo definisce Ilaria. Per capire come lui definirebbe lei, basta notare il modo in cui la guarda, in una continua dichiarazione d’amore. Questa è la loro, bellissima, storia.

Zico raccontato da Ilaria

Ho incontrato Zico nella vecchia sede del rifugio dove sono volontaria ed è a quel posto che sono legati i nostri primi ricordi insieme.

Di tutti gli ospiti, lui era il secondo dei miei preferiti, subito dopo Prince, un vecchiettino che non era più in canile perché… me l’ero portato a casa. E così, al primo posto lì al rifugio c’era lui, questo grosso cane molto timido e fifone, sempre in box con femmine, sempre riservato.

Ci sono voluti tempo, pazienza, lavoro. Ricordo quando arrivavo e non voleva uscire, perché aveva paura del guinzaglio e di andare in passeggiata: allora, semplicemente, mi sedevo nel suo box e gli insegnavo piccole cose, come trovare il biscotto nascosto in una mano (era già goloso, non è cambiato); ma, soprattutto, stavo lì, con lui. Gli piaceva tanto farsi grattare la pancia, ma non si metteva giù, restava in piedi: io sfregavo e lui alzava la zampetta dietro. E chiaramente adorava i grattini in zona coda! Quelli sono stati i nostri primi contatti.

Nel frattempo, il mio Prince se n’era andato, a 18 anni; anche se erano passati già sette, otto mesi, non avevo ancora deciso se e quando avrei preso un altro cane, ma sicuramente non sarebbe stato un cucciolo.

Poi, il rifugio ha cambiato sede e tutti i cani sono stati trasferiti. C’era la possibilità che alcuni degli ospiti un po’ più anzianotti venissero trasferiti in un ambiente più protetto, più vicino a una casa, però continuavo a pensare che Zico, secondo me, sarebbe stato meglio su un divano tutto suo (cosa che poi è avvenuta: ne ha preso ampio possesso, anche se adesso non ci sale più)… e quel pensiero è stato un po’ la molla che mi ha fatto decidere definitivamente che la nostra vita sarebbe stata insieme.

Era il 25 aprile 2018 e infatti, anche se allora aveva all’incirca 11 anni e un compleanno sconosciuto, per me lui compie gli anni in quella data, così come Prince li compiva il 23 dicembre, il giorno in cui l’avevo portato a casa.

Qui, oltre a me e a un comodo divano, Zico ha trovato la micia Sushi. Per abituarli alla reciproca presenza ho seguito lo stesso percorso fatto con Prince. Allora avevo due gatti, stavolta c’era solo Sushi (ora l’altro vive con mia nonna), che era già abituata a cani anziani – al contrario di quand’era arrivato Prince e lei era tutto un soffio.

All’inizio, li ho tenuti divisi quando non ero in casa, per poi aprire le varie zone per farli conoscere pian piano e tenerli monitorati. In realtà, con Zico l’adattamento è stato molto più veloce, perché Sushi era ormai pratica della convivenza e, secondo me, ha giusto pensato “Toh, l’umana ha portato a casa un altro cane anziano”.

Sushi e Zico

In realtà è contenta di averlo come coinquilino, ha capito subito che è un cane che non ha grosse pretese, si fa i fatti suoi, non le dà fastidio (a differenza mia, che la tormento per coccolarla!), è innocuo: io lo definisco un orso buono.

Al contrario di Prince, che, con i gatti o altri cani che non gli piacevano, un ringhiolino di “Stame su da doss” (“Stammi alla larga!) lo tirava fuori, Zico non conosce l’aggressività, è molto pacifico. Ti faccio un esempio: qualche sera fa Sushi faceva la carina, si strusciava sul cuscino e, a un certo punto… gli ha morso l’orecchio! Zico ha urlato “CAI!” e mi ha guardato come dire “Toglimela, per favore!”, ma a lei non ha fatto niente… È buono.

Anche quando andiamo in giro, se vede che i pochi cani che va ad annusare (perché, tendenzialmente, a lui gli altri cani non interessano) sono troppo esuberanti, semplicemente se ne va, viene da me o si allontana.

Uno dei primi ricordi che ho di Zico qui a casa è “la grande fuga dalla bambina”. Lui ha paura dei bambini e, come ho raccontato, da ciò di cui ha paura va via. Quel giorno era lì che pascolava tranquillo, senza guinzaglio, nel suo parchetto. A un tratto, da dietro una siepe, spunta una bambina che, gioiosamente, gli va incontro urlando “Eh che bello, un cane!”: e lui, con gli occhi del terrore, ha iniziato a correre, per quanto i suoi problemi di artrosi e di stazza non proprio longilinea glielo permettessero. Non l’ho mai visto muoversi così velocemente come quella volta!

Il mio rapporto con Zico è cambiato in quest’ultimo anno, con lo smart-working: ora che ce l’ho tutto il giorno sotto gli occhi, per me è molto più faticoso lasciarlo quelle poche volte che esco da casa, come la domenica pomeriggio, quando vado in canile. Mi sento più in colpa di quanto mi sentissi prima, nella vecchia normalità: magari, allora, non tornavo neanche subito a casa dall’ufficio, oppure restavo per la pappa e un giro veloce e poi uscivo di nuovo, adesso sarebbe impensabile. Anche se non facciamo chissà che insieme (perché lui sta qui, dorme, ogni tanto riceve qualche premietto), quello che fa la differenza è la presenza. È esserci e sapere che ci siamo.

Non si muove molto dal suo cuscino, gli anni e i dolori alle zampette si fanno sentire, ma ha imparato a ottimizzare gli sforzi: da un po’ di mesi, quando si alza per andare a bere, prima zompetta fino alla ciotola, poi torna e fa il “giro-grattini”: viene da me, mi guarda e aspetta. Io ormai, anche se magari in quel momento ho le cuffie o sono al telefono con un cliente, allungo le mani in automatico. Dopo aver ricevuto i grattini, Zico torna soddisfatto al suo cuscino. E sì, i grattini gli piacciono sempre, anche se non glieli faccio più da in piedi perché si affatica.

Un’altra cosa che non è cambiata è che è rimasto un po’ fifone, anche se è migliorato molto, prima negli anni del canile, poi qui a casa. Ha bisogno di piccoli punti di riferimento stabili: quando scendiamo le scale per uscire, lui di solito è alla mia destra. Se siamo posizionati in modo diverso, non scende le scale finché non mi metto dall’altra parte, quella “giusta”. E poi è molto sensibile ai rumori, anche se è diventato un po’ sordo: in questa convivenza capita che ce ne sia qualcuno di più, perché magari sbatto il mouse, oppure appoggio il bicchiere sul tavolo… Allora lui alza subito la testa, con l’espressione “Che è successo?”, e questo mi fa ridere ogni volta, perché è da un anno che faccio praticamente sempre le stesse cose e anche i rumori prodotti sono sempre gli stessi.

Ora Zico ha 14 anni. Prince l’avevo preso da anziano, aveva 13 anni ed è andato avanti fino a 18. Adottare un vecchietto, per me, anche in quanto volontaria (vediamo il percorso che fanno i cani anziani, che spesso entrano in un box e da lì non escono più), è un modo per regalare un picco di vitalità. È quello che è successo con Prince, che in casa sembrava ringiovanito; con Zico meno, ma va a seconda della salute, del carattere, anche della fortuna.

Egoisticamente parlando, adottare un vecchietto è un impegno, perché adottare è sempre impegno, ma meno di quello richiesto un cucciolo, che devi far giocare, correre, andare in giro e sfogarsi: devi solo insegnare a non fare pipì in casa (Zico ci ha provato solo il primo giorno, per marcare il territorio, ma è bastato un no secco e non ha mai più lasciato neanche una goccia).

Ovviamente anche i vecchietti richiedono coccole, pazienza, e l’adozione dev’essere consapevole anche dei lati negativi: arriverà magari (anche se non è detto) prima il momento di spese mediche da fare, di problemi di salute da affrontare. Quello che non ha senso è aver paura di adottare un nonno perché “Pochi anni e mi muore”, perché in quegli anni, pochi e tanti che siano, sarà in grado lo stesso di dare un sacco e di richiedere un sacco, di fare cose nonostante l’età.

Adottare un vecchietto è dargli la possibilità di vivere con un po’ di coccole in più di quante ne abbia in canile, dove gli ospiti ne ricevono, certamente, però dormono in un box, sono soli, non hanno un punto di riferimento, non sanno cosa voglia dire andare in un parchetto, in macchina (che a Prince piaceva tantissimo, a Zico zero, ma almeno ora sa cosa vuol dire), dormire su un letto o su un divano… È anche il fatto che, quando sarà il momento di andare, non sarà solo, non saranno da soli.

In questi anni Zico ha conosciuto dei gatti, ha corso nel verde per scappare da una bambina urlante, ha fatto esperienze che, finendo i suoi ultimi anni in canile, non avrebbe mai fatto. È amato e ama e, magari, portandolo a casa gli ho allungato un po’ la vita. Migliorando la sua e, di sicuro, anche la mia.

Amore

Avatar Rachele T.

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5 risposte a “#11 Zico”

  1. Avatar Piero
    Piero

    Brava, ricordi emozionanti ,Bravi!!

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    1. Avatar Rachele T.

      Ciao Piero, grazie mille!

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  2. Avatar 14 – Leon – Progetto gOldies

    […] mezzo ci sono stati un anno, una bimba, gOldies che sono andati avanti (Zico, Pinotto, Gioia), altri che gOldies lo sono diventati, anche se i loro umani faticano a crederlo […]

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